PAUSA DI RIFLESSIONE

Avete presente quelle situazioni in cui è finita la storia ma non è chiusa?

Quelle del tipo «ci prendiamo una pausa di riflessione». Ci siamo mollati però ci sentiamo e magari occasionalmente ci scappa un po’ di sesso. Insomma quando c’è nella aria l’idea è che «potremmo tornare insieme». Ci sono delle cose che non vanno, magari siamo un po’ stufi, allora allontaniamoci un po’ e vediamo cosa succede…

Insomma, vi siete fatti l’idea. Alla maggioranza di noi è capitato almeno una volta. Le cose vanno male, prendiamo una pausa di riflessione, trovo un nuovo compagno, le cose vanno anche bene, ed ecco che l’altro ritorna. 

Vogliamo sotto sotto lasciarci, ma qualcosa o qualcuno ci frena, ritorna all’ovile.

Come si dice, il piede nella porta. Si tratta di una strategia, codificata da Robert Cialdini, che è un cardine della persuasione. Il venditore che ha un piede nella porta tiene sempre aperta la trattativa, più tiene il piede nella porta più è facile che, alla fine, il cliente ceda e compri.

Bene, nelle relazioni sentimentali, credo che quando si arriva al punto di rottura – la pausa di riflessione è un mito: non si ha il coraggio di dire che è finita, quindi si rimanda l’inevitabile – è bene staccare. Chiudere il piede nella porta. Altrimenti si rimane in una specie di limbo, in cui non ci si sente liberi di andare ma neppure si ha la voglia di tornare indietro.

A volte mi capita di chiedere: «Ma state insieme o non state insieme?» E poi: «Ma cosa vuol dire stare insieme per voi? Andare a letto insieme? Oppure poter andare con qualcun altro? Come vi regolate?».

Ci siamo mollati? Ok, allora non ci sentiamo più per un po’. Non ci vediamo. Non facciamo sesso. Io sto con chi mi pare, anche da solo se è questo che desidero e tu fai altrettanto. Liberi tutti. 

Una pausa che sia una pausa. Accompagnata anche dai cosiddetti riti di passaggio. Ti restituisco le tue cose, non i regali, ma le cose che hai da me, le chiavi, ecc. te le metto in una borsa e le lascio in un posto che dirai tu.

Evito i luoghi che abbiamo frequentato insieme e soprattutto quelli in cui c’è un’altissima probabilità che io ti trovi. Sparisco, insomma. Almeno per qualche mese. 

Lo stacco, il rito di passaggio permette, con l’azione, con la variazione della routine, di ripensare veramente a sé e alla coppia. Sperimentare concretamente l’alternativa. Io senza di te. Fare chiarezza, dentro e fuori.

Le situazioni pasticciate, invece, rischiano di complicare le scelte, perché rimani fuori sì, ma anche dentro. Perché se esco con un’altra persona e poi l’ex chiama… sappiamo come va a finire…

Capire se puoi stare anche senza una persona è il modo migliore per capire se ci vuoi veramente stare o no.

Se ritorni perché ti fa pena, perché ti controlla da lontano rendendoti la vita un’inferno, per il senso di colpa, oppure per la sicurezza di avere uno che ti aspetta…forse sono aspetti che vale la pena di scoprire attraverso l’assenza piuttosto che la continua presenza.

Rimaniamo amici. 

Credo che sia una bella cosa, matura, da dire. Ma è un punto di arrivo, non di partenza. 

Se c’è stato lo stacco, i riti di passaggio, l’assenza per qualche mese, ciascuno ha ricostruito la propria vita, ha una propria stabilità, allora il terreno è pronto per essere coltivato con l’amicizia. 

Diversamente il rischio di ricadute nelle varianti della pausa di riflessione è altissimo.

Quindi aumenta le tue possibilità di scelta. Coltiva ora la tua vita senza il partner così come hai coltivato prima la tua vita in coppia. Allora potrai dire, qualunque cosa tu decida di fare, di aver scelto veramente.